Ognuno di noi trascorre circa un terzo della sua vita dormendo e il sonno è uno dei principali fattori del benessere psico-fisico dell’individuo. Oggi però, sempre più persone soffrono di disturbi del sonno, e la riduzione o la mancanza di sonno interferiscono con alcune funzioni fondamentali del nostro corpo, determinando spesso conseguenze evidenti anche sul piano comportamentale e sulla qualità della salute.
I disturbi del sonno non vanno mai sottovalutati, poiché influenzano negativamente l’andamento lavorativo, i rapporti sociali e tutta la sfera psicologica del soggetto. In questo articolo andremo ad indagare quali sono i disturbi del sonno più diffusi e come si manifestano. Approfondiremo la tematiche delle fasi del sonno, proveremo a capire come si diagnosticano i disturbi del sonno, passando per l’insonnia, le apnee notturne, l’ipersonnia, la narcolessia e finiremo con alcuni consigli per contrastare i disturbi del sonno, renderli meno invalidanti per la qualità della nostra vita e migliorare il benessere generale.
Per approfondire: leggi il nostro articolo sull’importanza di dormire bene
Le fasi del sonno: ecco come dormiamo
E’ importante sapere che, durante il sonno, ognuno di noi attraversa diverse fasi del sonno che dipendono da cambiamenti specifici nell’attività cerebrale e corporea. Un individuo adulto dorme in media tra le 7 e le 9 ore per notte, alternando due diverse fasi di sonno: la fase NREM, ovvero non legata al movimento degli occhi, e la fase REM, in cui invece gli occhi della persona si muovono velocemente nonostante stia dormendo.
Queste due fasi si alternano ogni notte dalle 4 alle 6 volte, con cicli con una durata piuttosto regolare. Dormire meno di 5 ore a notte va ad alterare questi equilibri, andando a interferire con la naturale alternanza delle varie fasi, provocando disturbi del sonno e problematiche psico-fisiche anche gravi.
Durante la fase REM, l’individuo traghetta attraverso 4 differenti stadi:
- addormentamento: si tratta della fase più leggera del sonno, permettendo il passaggio dallo stato di veglia a quello del sonno. Dura circa tra i 5 e i 10 minuti e in questo momento i muscoli del corpo sono rilassati, il battito cardiaco rallentato e si può essere svegliati con molta facilità. E’ probabile che in questa fase possano occorrere le mioclonie ipniche, scatti involontari delle gambe e sensazione di cadere nel vuoto.
- sonno leggero: il corpo si prepara a entrare nel sonno profondo e la frequenza cardiaca continua a rallentare, così come il tessuto muscolare a rilassarsi;
- sonno profondo: i livelli metabolici sono molto lenti e le onde cerebrali ampie. In questa fase i movimenti degli occhi sono praticamente assenti e se si viene svegliati si può avvertire un senso di disorientamento;
- sonno profondo effettivo: è la fase più profonda del sonno. E’ proprio in questi minuti che l’organismo si rigenera.
La fase REM (Rapid Eye Movement) è invece quella in cui prevalentemente si sogna e il nostro cervello è attivo come quando si è svegli. Questo è confermato dal fatto che si consuma ossigeno e glucosio come nella normale attività cerebrale e soprattutto i movimenti oculari si fanno più rapidi. Solitamente, la fase REM si verifica 90 minuti dopo l’inizio del sonno. Il primo periodo dura tipicamente 10 minuti, mentre l’ultimo può durare anche un’ora. Il sonno REM tende a diminuire con l’avanzare dell’età in favore del sonno NREM.
Chi soffre di disturbi del sonno può evidenziare in questa fase un battito cardiaco e una respirazione accelerati come in condizione di veglia.
Come si valuta un disturbo del sonno: anamnesi e polisonnografia
Il sonno è una fase delicata e misteriosa, e spesso capirne i disturbi che lo affliggono non risulta semplice. Di certo, alla base delle indagini della medicina del sonno, vi è la raccolta anamnestica del paziente, delle sue abitudini, della routine serale, del suo cronotipo, ossia la tendenza naturale al sonno o all’attività in particolari momenti della giornata, e quanto questo venga assecondato o, al contrario, contrastato. Fondamentale per capire i disturbi del sonno è anche una corretta raccolta dell’anamnesi medica generale e dei farmaci assunti abitualmente.
Ma è anche vero che di alcuni problemi notturni spesso non si è a conoscenza perché durante il sonno… si dorme! Per questo motivo molti specialisti oggi si avvalgono della polisonnografia, un test diagnostico a cui si sottopongono individui con disturbi del sonno. Durante la notte, mentre il paziente dorme, una particolare strumentazione registra alcuni parametri fisiologici fondamentali, come l’attività cerebrale, la respirazione, i livelli di ossigeno… I rischi del test sono minimi e la preparazione all’esame è semplice e non richiede alcune speciale precauzione. In base a come i parametri evolvono durante la nottata, un medico specializzato in malattie del sonno è in grado di stabilire il disturbo di cui soffre il paziente.
Insonnia: la più comune malattia del sonno e le sue cause
“Non riesco a chiudere occhio”. Questa è sicuramente la frase che pronuncia più frequentemente una persona che soffre d’insonnia. L’insonnia è il più comune tra i disturbi del sonno, basti pensare che in Italia sono oltre 9 milioni a soffrirne. Insomma, 4 italiani su 10 hanno difficoltà ad addormentarsi.
Il termine insonnia deriva dal latino insomnia e letteralmente significa mancanza di sogni. Nel linguaggio comune indica un’insufficiente continuità del sonno e di conseguenza, mancato riposo effettivo. Questo può incidere nocivamente sulla salute dell’individuo, soprattutto quando l’insonnia diventa cronica. L’insonnia infatti si può presentare in tanti modi diversi e viene classificata tenendo conto di tre parametri: la durata, le possibili cause e la tipologia. Può essere transitoria, se ad esempio correlata a un evento scatenante; persistente, se l’individuo soffre di una difficoltà nell’addormentarsi, lamentando pensieri fissi o assillanti che gli impediscono di prendere sonno; o appunto diventare cronica quando è correlata ad altri sintomi psicologici e di disturbi mentali clinicamente ben definiti, tra cui il principale rimane l’ansia.
Se ci riferisce invece alle possibili cause di questo disturbo del sonno, l’insonnia viene classificata come primaria, quando la persona non ha alcuna patologia collegata e non vi sono cause apparenti che possono spiegarla, e secondaria, quando è causata da malattie fisiche o problemi psicologici, come la depressione. Ovviamente, la diagnosi di insonnia primaria può arrivare solo dopo l’esclusione di tutte le altre patologie. Molte volte, i soggetti che ne soffrono in realtà presentano una cattiva igiene del sonno oppure hanno sviluppato nel corso del tempo la paura di non riuscire più a dormire quando vanno a letto.
Tra le tipologie di insonnia, si distinguono infine l’insonnia iniziale, quando si fa fatica ad addormentarsi, quella centrale, con frequenti risvegli durante la notte, e quella tardiva, quando il risveglio mattutino avviene molto prima della sveglia.
Apnea notturna: quando un sonno disturbato incide sulla sonnolenza giornaliera
Quello dell’apnea ostruttiva del sonno (Osas) è uno dei disturbi del sonno più frequenti. Basti pensare che in Italia sono oltre 6 milioni di persone a soffrirne, un numero paragonabile alle persone colpite dal diabete. Secondo uno studio durato due anni (2016-2017), sarebbe soprattutto la popolazione maschile tra i 40 e i 70 anni a soffrire di questa patologia, ma purtroppo questo disturbo viene spesso sotto-diagnosticato: verificandosi nel sonno, sono di solito il partner o i familiari ad accorgersi di questa problematica.
Se si è affetti dalla sindrome di apnea notturna, durante il sonno la respirazione si interrompe una o più volte, o rallenta eccessivamente. Le interruzioni possono durare da pochi secondi ad alcuni minuti, spesso accompagnate da fasi di russamento, e di norma questa patologia diventa cronica. Per questo, la qualità del sonno del paziente diminuisce notevolmente, provocando casi di stanchezza diurna.
Circa la metà dei pazienti che soffre di apnea notturna ha problemi di sovrappeso. Ma i fattori di rischio legati a questo disturbo del sonno possono essere altri, come ad esempio l’avanzare dell’età, le vie aeree ostruite, l’ipertensione, il fumo e il diabete.
Una volta diagnosticata questa malattia del sonno, è opportuno seguire consigli che possano modificare il nostro stile di vita, come evitare l’alcol, dimagrire se si è in sovrappeso e smettere di fumare. E’ stato dimostrato, inoltre, che dormire sdraiati su un lato invece che supini aiuta a tenere aperte le vie respiratorie. Anche coricarsi con la testa sollevata, quindi ad esempio con due cuscini sovrapposti, favorisce l’ingresso di ossigeno nei polmoni. Essenziale quindi per migliorare la respirazione notturna e di conseguenza la qualità del vostro sonno sarà la scelta di un guanciale idoneo alle vostre esigenze.
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L’ipersonnia e il problema del sonno diurno invalidante
La tua giornata è caratterizzata una eccessiva sonnolenza? Potresti soffrire di ipersonnia.
Le ipersonnie del sistema nervoso centrale sono un gruppo di disturbi del sonno caratterizzati da una eccessiva sonnolenza diurna che non trova una spiegazione in problema qualitativo o quantitativo del sonno e che diventa cronico. Per potere definire una ipersonnia di origine centrale è pertanto necessario escludere prima tutte le altre cause della sonnolenza. Se infatti la sonnolenza è un fenomeno che esprime il bisogno di sonno, l’eccessiva sonnolenza diurna può manifestarsi in maniera variegata, con prolungato sonno nell’arco delle 24 ore, costante nel tempo, e spesso associato a una inerzia del sonno (ovvero alla difficoltà di svegliarsi al mattino).
Questa condizione può diventare persistente e invalidante per l’individuo e ridurre la capacità di rimanere svegli durante il giorno, con veri e propri colpi di sonno, in situazioni non solo attive o inappropriate ma addirittura potenzialmente pericolose. Unico sintomo dell’ipersonnia è quindi la necessità costante e incontrollabile di dormire, che si traduce con la tendenza ad addormentarsi in ogni momento, la mancanza di energie e la difficoltà di concentrazione. Una volta diagnosticato disturbo del sonno tramite polisonnografia, la cura per l’ipersonnia può essere sia farmacologica (avvalendosi di stimolanti) che non, iniziando da una corretta igiene del sonno e da misure di modifica comportamentale.
Narcolessia: quando addormentarsi può diventare pericoloso
La narcolessia è uno dei disturbi del sonno di matrice neurologica, caratterizzato da improvvisi attacchi di sonnolenza durante il giorno. Il termine deriva dal greco e significa letteralmente “essere preso dal sonno”. E’ causata principalmente dall’incapacità del cervello di regolare in maniera funzionale il ritmo sonno-veglia e di alternare le fasi REM e NREM.
Colpisce circa una persona su 2000, sia uomini che donne, e inizia solitamente a manifestarsi durante l’adolescenza, anche se spesso non viene diagnosticata prima dell’età adulta. Seppure la causa della narcolessia sia ancora sconosciuta, si sospetta che derivi dalla progressiva perdita dei neuroni che producono un neurotrasmettitore chiamato ipocretina, (detta anche orexina) indispensabile per regolare il ritmo sonno-veglia. La maggior parte dei pazienti narcolettici presentano infatti livelli ridottissimi di questa proteina.
Sono 6 i principali sintomi di chi è affetto da narcolessia:
- eccessiva sonnolenza diurna e attacchi di sonno improvvisi: nel paziente narcolettico, la sonnolenza si manifesta in modo del tutto inaspettato. Gli attacchi di sonno compaiono in genere ogni 90-120 minuti e spesso, al risveglio da un sonnellino di 5-15 minuti, il soggetto ricorda di aver sognato e si sente discretamente riposato. Ovviamente non vanno confusi per una sonnolenza generica, e bisogna iniziare a insospettirsi se questo disturbo del sonno si protrae per più di tre mesi e se insorge anche in momenti attivi o insoliti;
- cataplessia: si tratta dell’improvvisa perdita di controllo dei muscoli del corpo, pur rimanendo coscienti. Può variare da qualche secondo a qualche minuto e la sua comparsa è sempre anticipata da uno shock emotivo;
- allucinazioni ipnagogiche: sono esperienze oniriche, dei sogni vividi e intensi, che si presentano nel malato narcolettico nella fase di addormentamento;
- paralisi del sonno: è un fenomeno della durata di pochi secondi per cui il paziente da cosciente, avverte di non riuscire a muovere il proprio corpo. In altre parole, non è in grado di muovere i muscoli, di parlare o di aprire gli occhi. Sono episodi molto importanti in fase diagnostica perché ne soffre oltre il 60% dei narcolettici;
- comportamento automatico: che porta il paziente a compiere azioni involontarie nell’attività che sta svolgendo, non curandosi della sonnolenza;
- sonno notturno disturbato e insonnia.
Ad oggi, la narcolessia è uno dei disturbi del sonno di cui ancora non si conosce una cura permanente. Per il paziente narcolettico è quindi necessario adeguare lo stile di vita a questa condizione, in modo da renderla il meno invalidante possibile. In particolare è utile pianificare brevi pisolini (soprattutto dopo i pasti) che aiutino a controllare la sonnolenza diurna, riducendo così gli attacchi improvvisi: una sorta di terapia del sonno programmato. Importante anche avere una dieta a base di alimenti leggeri, senza alcol, fare attività fisica (ma non durante le ore serali) e cercare di dormire almeno 8 ore per notte, con l’aiuto un materasso che migliori il relax del corpo.
Il paziente narcolettico può assumere dei farmaci stimolanti, se ne ha effettivamente bisogno, per restare sveglio durante il giorno o medicinali che aiutano a regolare il sonno notturno.
Disturbi del sonno: semplici consigli per contrastarli
Avere una buona qualità del sonno è una necessità biologica. Anche se in molti lo ignorano, dormire è una delle funzioni più importanti per la salute fisica e cognitiva, perché il corpo rinnova le proprie energie.
Ci sono alcuni semplici consigli da seguire per cercare di contrastare i disturbi del sonno, evitando che diventino cronici. Il primo è sicuramente quello di creare un ambiente adeguato nella camera da letto. La stanza dove ci si corica è molto importante per prendere sonno. Avere un letto comodo, un materasso di ottima qualità e usare cuscini adeguati ed evitare le sorgenti di luce sono ottimi metodi per favorire il riposo.
Inoltre, si consiglia di non tenere in camera fonti di possibili distrazioni o qualsiasi altro elemento che possa interferire con un ambiente rilassante e di usare il letto solo per dormire, non per svolgere altre attività come mangiare, guardare la tv o studiare.
Per quanto riguarda la camera da letto, sarebbe opportuno tenere a mente, quando si decide quale stanza dedicare al riposo nell’appartamento, scegliere quella più lontana dall’entrata, in posizione il più possibile riparata e lontana da fonti di rumore. Anche la disposizione del letto può favorire un sonno di qualità: meglio posizionarlo sulla parete opposta all’entrata o con la testata non confinante con stanze da cui possono provenire rumori.
La scelta del letto è alla base di un buon riposo. Meglio non avere fretta nell’acquisto della rete e soprattutto del materasso. Anche i cuscini possono aiutare a prevenire i tipici fastidi alla cervicale che colpiscono una buona percentuale della popolazione, influenzando negativamente il riposo.
Importante inoltre mantenere un ritmo sonno-veglia costante, diminuire il consumo di caffè e bevande alcoliche durante l’arco della giornata e non svolgere attività fisica nelle ore prima di coricarsi.
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